Molti lavoratori stanno destinando l’elemosina dei 120 euro (rispetto ai passati unatantum di vacanza contrattuale,) al fondo Telemaco e stanno riscontrano che l’effettiva somma è di 109 euro in quanto sono gravati da un contributo di solidarietà nei confronti dell’INPS.

Purtroppo il termine “solidarietà” usato impropriamente sta creando caos interpretativo ed anche una forma di allergia fra i lavoratori ai quali è stato applicato negli ultimi 5 anni.
Dobbiamo sapere che, quando il lavoratore sceglie i servizi di Welfare previdenziali o assistenziali è prevista l’applicazione del contributo di solidarietà.

Questo contributo è dovuto a seguito dell’articolo 12 del d.lgs. n.124/1993, il quale, conferma quanto precedentemente disposto dall’articolo 9-bis del d.l. 103/1991 (convertito in legge il medesimo anno, l.n.166/1991) che riporta quanto segue:
“…è confermato il contributo di solidarietà di cui all’articolo 9-bis del d.lgs. n. 103/1991 sulle contribuzioni a carico del datore di lavoro destinate a realizzare finalità di previdenza pensionistica complementare; resta altresì confermato il contributo di solidarietà per le contribuzioni o somme versate o accantonate a carico del datore di lavoro per finalità diverse rispetto a quelle previste dal presente decreto legislativo”.

Inoltre l’art. 16 del decreto legislativo n.252/2005, ripropone il contenuto delle disposizioni dell’art.9 bis decreto legge n.103/1991, al comma 1. Pertanto il contributo è pari al 10% ed è da calcolarsi sull’importo destinato alla cassa sanitaria, e rappresenta un obbligo per l’azienda, la quale deve provvedere al versamento all’ente previdenziale.

L’importo del contributo non rappresenta un accantonamento del capitale versato a garanzia di prestazioni previdenziali future a favore dei lavoratori e tantomeno da diritto all’ottenimento di prestazioni aggiuntive, bensì serve a integrare il patrimonio netto dell’ente.

La sua finalità è, dunque, di solo finanziamento economico all’intero sistema previdenziale.
Alla luce dell’obbligatorietà della corresponsione all’INPS, occorre precisare che tale importo deve essere versato senza alcuna differenziazione tra lavoratori, cioè a prescindere dal fatto che gli stessi siano in forza o il loro rapporto di lavoro sia già cessato (come nel caso in cui vi sia accesso alla pensione).

A conferma di ciò, l’INPS con un comunicato del 30/05/2013 n.8831, ha risposto alle numerose richieste di chiarimento da parte della Pubbliche Amministrazioni, circa l’obbligo del versamento del contributo di solidarietà alle Casse Pensioni della Gestione Dipendenti Pubblici, precisando quanto segue:
“L’art. 12 del decreto legislativo n.124/1993 e l’art. 16 del decreto legislativo n.252/2005, nel riproporre il contenuto delle disposizioni recate dall’art.9 bis del predetto decreto legge n.103/1991, al comma 1) hanno disposto che “fermo restando l’assoggettamento a contribuzione ordinaria nel regime obbligatorio di

appartenenza di tutte le quote ed elementi retributivi di cui all’art.12 della legge 30 aprile 1969, n.153 e successive modificazioni, anche se destinate a previdenza complementare

a carico del lavoratore, sulle contribuzioni o somme a carico del datore di lavoro, diverse da quella costituita dalla quota di accantonamento al TFR, destinate a realizzare le finalità di previdenza pensionistica complementare, è applicato il contributo di solidarietà previsto nella misura del 10 % dall’art.9 bis del D.L. 29/03/91, n. 103, convertito con modificazioni, dalla legge del 01/06/1991, n.166.”

Purtroppo questa è l’ennesima conferma di informative carenti verso i lavoratori fornite da chi dichiara di essere “super preparato” perché parte delle “OO.SS. più forti” che di fatto pensano solo ad “incrementare gli iscritti ed a chiedere voti” PER LE PROSSIME ELEZIONI RSU.

Noi siamo una Organizzazione Autonoma
non tentiamo di esserlo!!
NOI SIAMO CISAL COMUNICAZIONE.

Palermo, Luglio 2018

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