Senza memoria non c’è futuro. Il riferimento è alla vicenda della scalata di Vivendi nei confronti del Gruppo Mediaset.
Il gruppo francese, dopo le note vicende di un matrimonio mai consumato che aveva come dote le attività di Premium TV, lo scorso 13 dicembre ’16, ha formalizzato di voler acquisire il controllo del gruppo del biscione dichiarando di aver già in portafoglio una quota rilevante di azioni dell’intera capogruppo Mediaset. Come conseguenza di quanto espresso sopra – oltre ad impennarsi i valori dell’azione -, si è levato un coro di voci che hanno gridato con vemenza alla scandalo in merito a una presunta colonizzazione francese che: interferiva sugli interessi nazionali, metteva a repentaglio una Azienda di rilevanza nazionale, che avrebbe generato una grave distorsione del pluralismo dell’informazione ed infine si determinava nei fatti una concentrazione di interessi monopolistici.
Ma quello che sta accadendo vale solo per il gruppo Mediaset… e per TIM/Telecom?
Quando si parla del futuro della maggiore azienda di TLC italiana, si assiste ad un strano fenomeno di “damnatio memoriae”: in pochi si sono ricordati che anche il gruppo TIM/Telecom Italia è posseduto al 24% dalla stessa Vivendi, che la strategicità del settore delle TLC e delle infrastrutture diffuse su tutto il territorio dell’italico stivale è ben più importante di quella di un polo di TV commerciale, che gli interessi diffusi a partire dai 55.000 dipendenti a finire a circa 20.000 occupati nell’indotto sono meno importanti dei 15.000 dipendenti del gruppo Mediaset e cosi via discorrendo. Non vogliamo, almeno in questa sede, esprimere un giudizio di valore sulle politiche industriali e di indirizzo che negli ultimi anni (decennio) sono stati attuati. Del resto, il risultato è sotto gli occhi di tutti; soprattutto di chi, nel silenzio dei media, lo stesso giorno (13/12/2016) si asteneva dal lavoro protestando in tutte le sedi di Tim-Telecom Italia: eravamo i 44.000 dipendenti.
Ma essendo figli di un Dio minore perseguitati da un doppio pessimo e da una consapevole e colpevole assenza delle forze politiche su futuro di TIM, non possedendo nessuno sponsor politico… nessuno si chiede cosa avrà da protestare l’80% dei dipendenti del gruppo di TLC?
In ultimo, una amara considerazione: quale pluralismo informativo si vuole salvaguardare? Quello che ha garantito la totale assenza di informazione e notizie, se non altro perché le manifestazioni si sono svolte nelle dieci città più importanti dell’Italia?
Noi di Cisal Comunicazione un sospetto da porre l’abbiamo: vuoi vedere che il gruppo Vivendi da qualche tempo e con estrema efficacia prova a mettere la sordina ai dipendenti della propria controllata TIM/Telecom che protestano perché hanno compreso che per loro si prospetta un futuro incerto ed aleatorio dove il core business delle TLC non interessa affatto alla proprietà ed il rischio è quello di essere solo un costo per l’azienda in attesa di uno scorporo di unità produttive e di spezzatino da macelleria sociale…?
Il testo di questo comunicato è stato inviato tramite lettera (che potete Scaricare QUI in formato PDF) anche al ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, affinché abbia contezza delle nostre perplessità.